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#Padoan: “Misure per facilitare gli aggiustamenti dei salari e ridurre il costo del lavoro”  #governorenzi

Per chi non fosse abituato al gergo degli economisti, aggiustamenti dei salari vuol dire che devono essere ridotti: del costo del lavoro si può dire per dritto, sui salari non bisogna urtare le sensibilità mentre ti si infila la mano in tasca.


L’idea è semplice, è quella “offertista”. Confindustria la dice così: bisogna pensare alle imprese perché sono le imprese che creano lavoro.
Ambarabà ciccì coccò non ribattono perché, in fondo, hanno aderito già da tempo alla stessa idea (è una ideologia, nota per i cultori del post-ideologismo!!!).
L’idea viene sviluppata così (processo di aggiustamento, lo chiamerebbero gli economisti): in questo modo – deflazione salariale e quindi minori costi – le imprese possono fare ripartire la produzione; quando riparte la produzione ripartono le assunzioni (l’occupazione); quando le cose andranno meglio i salari magari verranno rialzati.

Se funzionasse dovrebbero esserci già i segnali, o no? Sta funzionando per l’export. Perché la domanda delle imprese che esportano è….estera. La domanda interna invece va a picco. Ma non trovi un commento o un approfondimento, sulle condizioni della domanda interna, nei media mainstream….. manco a pagarlo. [Divagazione/suggerimento: forse perché sono già lautamente remunerati per la politica di comunicazione, divulgazione e propaganda che fanno. Una riflessione sul fatto che, se Renzi non avesse deciso di mettersi a capo del Letta bis, Padoan sarebbe finito a fare il presidente dell’Istat, ossia a veicolare la comunicazione statistica ufficiale, forse toccherebbe farla.]
Però andiamo in crisi depressiva se si alza lo spread: strana gente imbecille che siamo. Manco ci siamo accorti, per dire, che non una delle politiche da clistere che stiamo bellamente subendo ha ridotto lo spread – mentre il debito pubblico schizza rispetto al Pil, invece che scendere come ci avevano raccontato sarebbe successo. Solo gli annunci e le politiche di BCE (“faremo qualsiasi cosa” di Draghi; LTRO, p.e.. Per non perdersi per i boschi a discernere fra funghi buoni e funghi cattivi, vale la pena rammentare che Draghi è questo egregio tecnocrate qui) lo hanno ridotto.
Ma la teoria è offertista, per l’appunto, mica domandista. La domanda la fanno i consumi, per cui servono i redditi, e gli investimenti.
Dei redditi si è visto quel che devono fare, per gli offertisti. D’altronde è esattamente lo schema Electrolux (e Fiat e Granarolo e…. lim lista = ∞): la crisi Electrolux è di vendite per quanto riguarda l’Italia. Quindi ha visto aumentare non il costo per addetto ma il valore delle vendite per addetto. Ma la soluzione proposta pone la situazione come se il problema fosse sui costi per addetto: la diminuzione degli addetti e/o del loro costo complessivo….LOL!
Gli investimenti o sono privati o sono pubblici: quelli privati non ci sono, perché mica puoi chiedere alle imprese di fare investimenti quando il mercato non tira. Si usa così: siccome di domanda non devi parlare nel salotto buono, che fa venire in mente gli straccioni questuanti e toglie spazio al Dio Offerta, si dice che “il mercato non tira”.
Quelli pubblici…. oh ma che sei matto? Con il debito che abbiamo? Infatti non ne facciamo da anni, da ben prima della crisi (chi dovesse pensare che questo è una asserzione pro-Tav è una pirla di massa bi-fassiniana. Che poi mi roderebbe anche un sacco il chicchero a scoprire che anche solo uno dei cinque lettori abituali di questo mio svacco possa pensare una boiata di tali dimensioni).

Quindi tocca sperare nell’impresa, che crei lavoro. Il problema è che le imprese creano lavoro SE finalizzano la produzione, cioè SE vendono. E vendono se c’è chi compra, sennò riempiono solo i magazzini. Chi compra fa la domanda, quella che sta andando a picco; in altre parole, le imprese non vendono perché non c’è chi compra.
Si badi bene, poi, che lo scopo dell’impresa non è creare lavoro. Lo scopo dell’imprese è fare profitto (e creano lavoro, se lo fanno, funzionalmente a questo obiettivo: fare profitto). Gl’importa ‘na sega del resto, di per sé. Mica è una idea mia: lo dice la Scienza Economica (ariLOL). L’impresa (firm) è profit-maximising.
Dice: la fai bella, non c’hai messo lo Stato (il settore pubblico, direbbero gli economisti). Che è una sanguisuga. C’è il debito pubblico. Anzi ora si dice debito sovrano (la glottologa al governo servirà verosimilmente a riformare il lessico del Nuovo Cittadino Italico, il quale la prenderà in saccoccia come e più del Vecchio Cittadino Italico ma con una capacità di linguaggio un sacco più fresco).
E poi tutta la spesa pubblica. Tutti quei dipendenti pubblici paraculi fannulloni strapagati, il furto delle pensioni da retributivo (come fossero tutti Giuliano Amato)…..sì insomma tutta la vulgata degli ultimi 20 anni che ha ridotto la capacità di discernimento (che era già quel che era…) a tal punto che Maria De Filippi potrebbe essere una novella Immanuel Kant…..a saperlo, poi, chi è ‘sto Kant.
Non sto mica difendendo lo status quo. Manco per niente. Sono negli ‘anta, adulto (giovane adulto mi sa che si etichetta nelle tavole Istat…ma ora con il giovine Renzi chissà!), mica cieco. Però so fare 2 + 2 = 4, che è alta matematica per larghe fasce della popolazione italica, a partire da quella votoutilista.
Tipo: di quanto saranno mai diminuite le clientele e le prebende elargite via spesa pubblica? Di quanto sono state tagliate le pensiori d’oro (è n’esempio da grillino, lo so!)? E la remunerazione dei dirigenti pubblici? E il loro numero? E come si concilia il nulla su queste questioni ai commenti da giubilo per la nostra cara Fornero, quella che pur di non fare contare gli esodati per quanti erano effettivamente ha spalleggiato biecamente Mastrapasqua, trovando anche modo di fare cassa bloccando le indicizzazioni delle pensioni a 1000 euro nette?
Dati sulle pensioni in Italia anno 2011 (fonte: Istat 2013): “Il 13,3% dei pensionati riceve meno di 500 euro al mese; il 30,8% tra i 500 e i 1.000 euro [il 44,1% percepisce quindi fino a 1000 euro], il 23,1% tra i 1.000 e i 1.500 euro e il restante 32,8% percepisce un importo superiore ai 1.500 euro [il 67,2% percepisce quindi fino a 1500 euro].” Le cifre sono lorde, per 13 mensilità: questo il furto del retributivo! Io, nel mio piccolo, un’idea diversa la avrei  (qui su Altreconomia).
Di quanto ha aumentato efficacia ed efficienza nella PA la riforma Brunetta? Sostenere che la PA va riformata è sacrosanto, ma declamarlo per segarle le gambucce è criminale (sic!). Perché i servizi pubblici, tutti, sono in sofferenza mostruosa per i tagli e rischiano il collasso ma nulla di questo va nel verso di un servizio migliore o di un abbattimento del debito pubblico. Piuttosto si va in direzione opposta.
Però si può stare tranquilli: ora arrivano i super-consulenti che ci spiegano dove abbiamo sbagliato e come sistemare la baracca: Cottarelli, commissario per la spending review e Kpmg-Css con l’intelligence amministrativa, verso un nuovo modello per la performance nella PA. E io pago, chioserebbe Totò!
Eppure alternative ce ne sarebbero. Anche di economisti che ne propongono ce ne sono.
Lei, per esempio: Mazzuccato, a cui va ascritto il merito di stare ridando vigore a una visione che molti davano per morta e definitivamente sepolta. I titoli degli ultimi due suoi libri parlano da soli: i) The Entrepreneurial State – Debunking Public vs. Private Sector; ii) The Entrepreneurial State.
Oppure qui: Realfonzo torna a parlare di misure stabilizzazione del debito pubblico per arginare gli effetti dell’austerità. Torna, perché riprende le tesi di un appello datato 2006 (2-0-0-6, cioè prima della crisi). Ma di ‘sti appelli, moniti, lettere, ca@@i e mazzi non frega una beata minchia a nessuno.
Tutto questo rimane in circoli ristretti e isolati, ancora. Bea forse qualche ego ma non cambia di una virgola la direzione. La linea è tracciata: la linea è quella, quella è la linea. L’aggiustamento deve avvenire via austerità: deflazione salariale, taglio della spesa pubblica e restringimento degli interventi pubblici a fini sociali. Punto.